Benvenute e benvenuti a questo nuovo editoriale del numero speciale di Vitaminevaganti, Vitamine per leggere, sono passati cinque mesi dal primo numero, e ci siamo impegnate/i per sostenere la scuola in questo periodo così travagliato, e continueremo a farlo dando un’attenzione particolare alla voce di studenti e docenti. Pertanto, apriamo l’editoriale con i tre racconti che hanno partecipato alla sezione Narrazioni del “Concorso Nazionale Sulle vie della parità”. Tutti e tre i racconti toccano con sensibilità diverse e stili di scrittura imparagonabili il tema della violenza di genere, soprattutto nell’ambito della vita domestica dove purtroppo al di fuori di ogni retorica sulle “strade insicure, ci vuole l’esercito…” è lì che avviene la maggior parte dei femminicidi e delle violenze verso le donne. Tutte le protagoniste di queste storie non sono inerti nelle mani dei loro aguzzini, hanno il coraggio della ribellione, il coraggio della fuga (Corri, Giulia!), il coraggio della denuncia (Il colore del coraggio), il coraggio di chiedere e di dare aiuto, e sopra ogni altra cosa il coraggio di guardarsi allo specchio e parlare con le parti di noi che troppe volte abbiamo paura di sentire, come nel racconto La verità vuole essere trovata. Racconti che sono un’ottima prova di maturità e capacità di scrittura degli alunni e delle alunne che purtroppo in questa primavera, che ha visto l’annullamento o la sospensione di una miriade di eventi, iniziative, attività, spettacoli non hanno potuto presenziare alla bella cerimonia di premiazione a Roma, avvenuta ogni anno, nei mesi di aprile o maggio, ma quest’anno annullata. Fortunatamente grazie al coraggio delle docenti il progetto non si è fermato e a tal proposito Danila Baldo ci prospetta la nuova edizione 2020/2021 del “Concorso Nazionale Sulle vie della parità” sperando che stavolta possa avere una bellissima e meritatissima cerimonia dal vivo. Disegni e progetti grafici coraggiosi sono quelli delle/degli studenti del Liceo scientifico Primo Levi di Roma che guidate/i da Mauro Zennaro hanno preso le mosse dall’abbecedario di Vitaminevaganti scritto da Graziella Priulla e illustrato da Marika Banci per creare dei propri progetti grafici. Stavolta si va dalla K alla O, affrontando le seguenti parole: kilo, labbra, muscoli, nudità, omofobia, tutte parole che riguardano il corpo e la sua espressione, la sua consistenza fisica, materiale, che può e deve essere liberata, per trasformare quelle parole da strumenti simbolici di dominio sui corpi (Foucault) a mezzi di di accettazione e valorizzazione di se stessi/e. Chi coraggiosamente ha cercato di alzare il velo in Italia su come le parole modifichino il modo di percepire la nostra realtà sociale, creando sentieri cognitivi che poi diventano strade a senso unico, e nel caso dei generi strade dicotomiche e parallele, è Alma Sabatini che per prima ha parlato di “sessismo linguistico” nel suo Il sessismo nella lingua italiana del 1987. Sono passati da allora ben trentatré anni, la mia età, ma poco è cambiato. Cercare di creare una lingua paritaria, partendo dalla semplice declinazione al femminile delle professioni suscita sempre resistenze, se non addirittura derisione, come fosse qualcosa di inutile, un giochino da linguiste e femministe che rompono le scatole. Se ci fermiamo un attimo a pensare questa resistenza svela soltanto quanto si tocchino corde emotive sottili e quanto siano importanti le parole anche per chi nega la loro importanza. Per chi dice che non contano affatto, sono diventate abitudini, interiorizzazione della gerarchia sociale precostituita, e cambiarle significa andare a minare la visione del mondo patriarcale, perciò tutte le persone che si oppongono a una lingua paritaria consciamente o inconsciamente si battono per mantenere lo status quo, e mostrano resistenza perché cambiare richiede fatica e coraggio. Graziella Priulla a trent’anni dalle parole di Alma Sabatini, recensisce il libro Gi.U.Li.A. Trent’anni dopo Alma Sabatini eloquente sottotitolo di un prezioso volume uscito lo scorso maggio per i tipi di Blonk, che coglie i frutti di un convegno tenuto nel 2017 presso l’Università di Modena e Reggio Emilia: titolato anch’esso Il sessismo nella lingua italiana, che riporta contributi di studiosi/e di diverse discipline ed è curato da due giovani, Anna Lisa Somma e Gabriele Maestri. Le parole dei libri di testo creano quelle abitudini al binario, alle strade chiuse e a senso unico. È nella scolarizzazione che questo processo di alfabetizzazione al sessismo avviene, ed i libri di testo hanno un ruolo importantissimo. Modesta Abbandonato nel suo Lucia è troppo grassa per indossare la minigonna: libri di testo e stereotipi di genere ci invita a esplorare e riflettere sulla scelta delle parole nei libri di testo, delle immagini offerte che poi diventano veri e proprie strade privilegiate per “maschietti” e “femminucce”, le discipline STEM per i primi, i lavori di cura per le seconde, e primi e seconde non è casuale. Le parole non sono solo simboli del potere costitutivo o ali per nuove libertà, possono anche velarsi e sembrare incomprensibili tanto da suscitare quell’espressione così comune a tutti/e noi “che parli arabo?” che segna il nostro distacco, la nostra incomprensione della cultura e della lingua araba. Flavia Funari ha il coraggio dell’ironia, e ci porta uno specchio linguistico sarcastico e divertente per comprendere quanto la cultura araba e la sua lingua non sia così distante dalla nostra, e parole ormai per noi così comuni vengono da quella lingua così misconosciuta e allontanata. Le parole possono anche non avere suono, essere gesti, segni, così articolati da essere le parti minime di una vera lingua come la LIS, e Alessia Bulla ci porta all’interno della scuola indicandoci le figure di riferimento per gli/le studenti e cosa prevede la legge per l’inclusione delle persone sorde nella scuola e nell’università attraverso un’analisi rigorosa e puntuale. Il coraggio è stato il filo conduttore di questo editoriale e mi sembra giusto concluderlo con due grandissimi esempi di coraggio: Alice Paul, la suffragetta, che all’inizio del 900’ si è battuta con le sue compagne per il diritto di voto negli Stati Uniti, sfidando convenzioni e pregiudizi della società protestante americana e Rita Atria, sconfitta, abbandonata dallo Stato di fronte alla violenza della mafia ma non per questo meno coraggiosa, e anzi le sue parole e la sua giovane vita sono lo sprone per metterci di fronte allo specchio e parlare con le parti più oscure di ognuno/a di noi e trovare un briciolo del coraggio di chi ha perso la vita per combattere la mafia: «Prima di combattere la mafia devi farti un esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combatterla nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci». Un augurio per questa estate, tra gli ombrelloni (si spera distanziati), i gelati e le bandiere è che possiamo come gli esempi qui mostrati guardarci allo specchio e “avere il coraggio di avere coraggio.”
Ex Otago feat Caparezza: Ci vuole molto coraggio
https://www.youtube.com/watch?v=NcqCdF8rV-o
Editoriale di Antonio Clemente
Docente di Italiano, storia e geografia, appassionato di Linguistica e Didattica, laureato magistrale in Letteratura italiana, Filologia moderna e Linguistica. Ho una seconda Laurea magistrale in Scienze dell’informazione, della Comunicazione e dell’Editoria. Cofondatore di Vitaminevaganti e Responsabile del progetto editoriale di Vitamineperleggere.